Psicoterapia Individuale

La diade come prototipo di relazione

Psicoterapia Individuale
Per individuare il contesto e cogliere lo spazio che nella mente del terapeuta orienta la cura propongo qualche spunto da cogliere in un parallelo (non dico similitudine!) tra relazione madre-bambino e relazione paziente-analista.

Utilizzando il lavoro proveniente dalla ricerca infantile scopriamo che una “sintonizzazione a due” modula la comunicazione tra madre e bambino; si tratta di un incontro attivo dove entrambi i partner mettono in comune stati di animo, intenzioni e sensazioni.
Dalla osservazione del bambino emerge il suggerimento: la diade come prototipo di relazione.

Quando la riflessione tocca la stanza terapeutica può suggerire che l’esperienza dell’essere in relazione con il paziente si realizza in questo gioco di sintonizzazione, come un susseguirsi di avvicinamenti ma anche di rotture e di riparazioni, in altre parole con una regolazione reciproca dei partner. Utilizzando i dati che derivano della ricerca infantile in modo ragionato, con una riflessione pronta a cogliere le similitudini ma soprattutto pronta a cogliere le numerose differenze rispetto a due situazioni che comunque sono diverse, le conoscenze specifiche della clinica dell’adulto riescono a coniugarsi in modo utile con quei dati in un percorso che arricchisce il lavoro.

Così potremmo dire che chi chiede l’aiuto ha bisogno di attenzione e competenze e che l’analista dovrebbe porsi sulla giusta lunghezza d’onda, dovrebbe quindi riconoscerlo, instaurando uno scambio reciproco di comunicazioni verbali e non verbali e cogliere prontamente la risposta del paziente, pronto anche lui a riflettere e ripartire. Quanto detto deve accadere nella consapevolezza che bisogno di riconoscimento dell’adulto differisce dal bisogno del bambino, per il bambino la dipendenza è naturale e indispensabile mentre nella relazione con l’adulto possiamo pensare ad un essere in grado di stare con l’altro in modo comunque anche autonomo; l’adulto avrà bisogno di riconoscersi nella relazione diventando cosciente delle proprie emozioni, speranze, desideri e delle dinamiche relazionali che porta, cogliendo a vari livelli di consapevolezza il proprio essere con gli altri.

Quando il compito del terapeuta si incastona negli aspetti clinici della relazione di cura, dovrà tenere conto del contesto e per questo agevolare quanto può essere favorevole al cambiamento; diventa inoltre importante nella risposta cogliere come il paziente potrebbe funzionare in modo alternativo. In un parallelo con la madre che si sintonizza, corregge e modula le sue risposte rispetto ad un bambino che percepisce capace di autoregolarsi, l’analista dovrebbe essere intuitivo ed empatico pur cercando con cura di cogliere le emozioni e le dinamiche ad un livello di autoriflessione.